

In questo momento, l’avrai capito, la mia parola d’ordine è leggerezza.
A breve ti annuncerò una grande novità che riguarda il mio business e che spero possa essere di ispirazione anche per te ed è legata proprio alla voglia di alleggerirsi, togliersi di dosso i “devi fare”, i “si è sempre fatto così” e in generale tutto ciò che ci impedisce di esprimere al meglio la nostra unicità senza ricorrere a stratagemmi preconfezionati. Nella vita come nella comunicazione.
Ma piantiamola con l’autoreferenzialità e veniamo a noi: quali sono i nemici della leggerezza nel discorso?
La risposta è semplice, tutte quelle espressioni che utilizziamo per convenzione e non per reale necessità e che non aggiungono niente di interessante, anzi, tendono a svilire ciò che stiamo dicendo.
Le espressioni da evitare per avere una comunicazione efficace
Partiamo dalle cose facili e scagliamoci subito contro il tanto vituperato “piuttosto che”.
Ora, io sono una purista della lingua pentita, che sa che l’uso fa le regole del linguaggio e non viceversa, quindi pur sapendo che l’espressione utilizzata come elencativo è sbagliata, mi vorrei soffermare su un aspetto estetico e cioè: quanto è pesante ripetere questa locuzione in continuazione?
“Potremmo fare la pizza, piuttosto che le tagliatelle” (tipica espressione da quarantena) ma anche “facciamo servizio di pulizia piuttosto che servizio di giardinaggio piuttosto che…”
Innanzitutto chiariamo che “piuttosto che” indica una coordinazione sostitutiva, quindi se dico che farò una cosa A piuttosto che una cosa B, vuol dire che ho scelto di fare A al posto di B.
Ma soprattutto “piuttosto che” utilizzata in un elenco è inutile: basta una virgola, nella scritto, oppure un “e” nel parlato. Prova la sostituzione e vedrai quanto è diverso il risultato.
Altra espressione che odio sin dal remoto passato della mia adolescenza liceale è quella che implica il verbo andare unito a un altro verbo, mi spiego: “ecco che la penna va ad aggiungersi alla matita”.
La penna non va da nessuna parte, semmai “si aggiunge” o “viene aggiunta”. Anche in questo caso, senti quanto si alleggerisce il discorso?
Per ultima ma non ultima la ridondante locuzione “quello che è”: anche in questo caso un macigno aggiunto alla nostra comunicazione senza che aggiunga nulla di valore.
Ma mettiamo a fuoco la faccenda: che differenza c’è tra dire “quello che è il mio piano editoriale” e “il mio piano editoriale?”
Formuliamo la frase: “Ho la necessità di rivedere in base alla strategia il mio piano editoriale” NO, MAI “ho la necessità di rivedere quello che è il mio piano editoriale”
Non lo uso io quando devo arrivare a un tot di battute richiesto da chi mi commissiona i post, perché dovresti utilizzarlo tu, suvvia.
La scrittura leggera arriva alla meta
Lungi da me diventare pedante, quindi spero che quelli di cui ho scritto siano serviti da esempi pratici di un concetto che mi sta molto a cuore: la comunicazione efficace e ben fatta non è altisonante e men che meno ridondante. Scorre semplice, pura, guizza davanti agli occhi o tra le labbra e porta le persone esattamente dove vogliamo condurle.
Alleggerire la scrittura in tempi in cui è diventata un mezzo di comunicazione sempre più diffuso, non significa abbreviare o utilizzare improbabili sigle – anche quelle hanno la loro funzione, intendiamoci bene – ma scegliere poche parole, efficaci, dritte al punto.
Piuttosto che quelle che sono frasi che vanno ad appesantire il discorso.